La macchina si ferma e altri racconti
Anno:
2020
Casa editrice:
Mondadori

La macchina si ferma e altri racconti

Forster conduce il lettore in un’inquieta Terra dei Sogni che suscita insieme brividi, sorrisi e profonde riflessioni.

L’umanità vive rinchiusa in un mondo sotterraneo; ciascun individuo è imbozzolato nella propria cavità (una sorta di ritorno allo stato prenatale) assolutamente autosufficiente e dotata di ogni comfort tecnologico: a tutto provvede la Macchina, purché si rispetti il divieto di uscire sulla superficie terrestre. Questa la tonalità del racconto che dà titolo alla nostra raccolta.

E ancora: un picnic messo a soqquadro dall’inopinato manifestarsi del dio Pan; deliziose fanciulle che si mutano in alberi; una linea di omnibus che assicura il regolare collegamento con il Cielo…

Conosciuto soprattutto per i suoi romanzi, Edward Morgan Forster è anche autore di una serie di racconti “fantastici”, apparsi su riviste letterarie tra il 1904 e il 1911 e poi pubblicati nelle raccolte The Celestial Omnibus (1911) e The Eternal Moment (1928). Frutto di un serrato dialogo tra lirismo e realismo che esplora in maniera sorprendente le mille declinazioni dell’immaginario, dalla fantascienza al soprannaturale, sono narrazioni da cui spira il profumo di un’intera epoca. Ambientate in Italia, in Grecia, nella solo apparentemente sonnolenta Inghilterra o negli abissali alveari umani di un futuro che in parte è già presente, le storie illuminano sotto una luce inedita i temi cari allo scrittore: il contrasto tra la libertà del paganesimo e le restrizioni della “civiltà”; il puro e innocente piacere dei sensi di contro alle rigide regole sociali.

Con grazia, Forster conduce il lettore in un’inquieta Terra dei Sogni che suscita insieme brividi, sorrisi e profonde riflessioni. Ciò che emerge dalle situazioni descritte è la ferma fede dello scrittore nei valori della libertà, dell’autorealizzazione e dell’onestà spirituale.

Una breve recensione del libro di Gianluca Passaro

Questa volta il consiglio non è di studio, ma suggerisco la lettura anche nella (possibile) chiave di metafora professionale.

Edward M. Forster è l'autore di almeno due romanzi "capitali" della letteratura inglese sul tramonto dell'epoca vittoriana ("Camera con vista" e "Passaggio in India", ben noti anche nelle loro rispettive, e belle, trasposizioni cinematografiche). Ma questa raccolta di racconti ne rivela una dimensione poco conosciuta, non solo in termini di stile ma, appunto, anche di contenuti.

Con il racconto sul quale consiglio in particolare l'attenzione, "La macchina si ferma", Forster si confronta con la Science Fiction, al pari di altri suoi predecessori e contemporanei (la prima uscita è del 1909), mettendo sulla scena di un futuro distopico personaggi e - soprattutto - temi che suscitano più di una riflessione sulla attualità dei cambiamenti tecnologici e sociali.

Per certi versi questo lavoro è prodromico di molta altra e successiva letteratura, e la cifra di "archetipo" lo rende ancora più interessante: per chi ama appunto le suggestioni letterarie (e vuole magari ritrovare una chiave utile a decodificare i temi della fantascienza più moderna), ma anche per chi vuole riflettere sui "nuovi" (che forse tanto nuovi non sono) possibili paradigmi delle tecnologie e del loro impatto sui modelli ed i comportamenti della società - considerando in primis e solo come esempio possibile, l'intelligenza artificiale.

Lo scenario disegnato da Forster è una civiltà standardizzata, nei comportamenti come nelle tecnologie che rendono - per la maggior parte della popolazione - superflua la ricerca di ogni altro confort materiale e spirituale già fornito dalla Macchina globale. Le unità abitative sono standardizzate, le comunicazioni sono garantite da sistemi di messaggistica instantanea e video-conferenza, così come la condivisione delle conoscenze. In questa civiltà viaggi e spostamenti sono rari - perché non necessari, non "utili", ma soprattutto perché socialmente condannabili. Ma cosa succede se la Macchina globale, non più solo strumento "al servizio" della civiltà ma, in realtà, artefice di quella stessa civiltà, dovesse fermarsi?

Nella visione (catastrofista) di Forster la tecnologia non è "mimetica", non imita cioé i comportamenti umani per liberare spazio e valore alla capacità di espressione e realizzazione individuale, ma è "poietica", una forza creatrice cui la civiltà ha invece delegato ogni spazio, al punto da assegnarle la responsabilità del proprio sostentamento. Il punto è esattamente questo: dov'è il confine tra la responsabilità "umana" e quella della tecnologia nel definire spazi e comportamenti sociali?

Questo punto è forse centrale anche per un riflessione sulla trasformazione organizzativa: è possibile tracciare un confine di "responsabilità tecnologica" nei sistemi organizzativi?