🍒Marketing Director - 🍒Philosopher, 🍒Writer (22 books) and Journalist - 🍒 Web Strategist and Entrepreneur (SOLOTABLET) - 🍒Trainer 

STULTIFERA NAVIS co-founder.

A former business director, philosopher and technologist, he is the founder of SoloTablet, a Web project that since 2010 has promoted critical reflection on technology and its effects, aimed at (Techno)awareness, knowledge and responsibility. An expert in marketing, communication and management, he has worked in managerial and executive roles in Italian and in multinational companies with international responsibilities.

Focused on innovation, he has implemented programs aimed at change and innovation, increasing the strategic value of the company's relational capital and customer loyalty, through cutting-edge technologies and innovative approaches. Journalist and storyteller, author of twenty-two books, trainer, speaker at conferences, seminars and conventions. He is an expert in the Internet, social networking (analysis), collaborative environments on the network and social network analysis tools. Always available to discuss and dialogue. 

🐞 🐞 𝐋𝐄𝐆𝐆𝐎, 𝐒𝐂𝐑𝐈𝐕𝐎, 𝐕𝐈𝐀𝐆𝐆𝐈𝐎, 𝐃𝐈𝐀𝐋𝐎𝐆𝐎, 𝐀𝐒𝐂𝐎𝐋𝐓𝐎 𝐋𝐀 𝐑𝐀𝐃𝐈𝐎 𝐄 𝐌𝐈 𝐑𝐈𝐓𝐄𝐍𝐆𝐎 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀𝐓𝐎 𝐍𝐄𝐋 𝐏𝐎𝐓𝐄𝐑𝐋𝐎 𝐅𝐀𝐑𝐄.  "Per me stesso - che altro potrei fare? - scrivo e leggo; faccio qualcosa, oltre a pensare di pensare che penso, e che quindi esisto. Essere è fare" (Ipse mihi - quid enim faciam? - scriboque legoque) - Ovidio

I libri di Carlo Mazzucchelli


Rivoluzioni tecno-antropologiche

Viviamo tempi tecnologicamente rivoluzionari. La tecnologia ha cambiato il mondo e noi stessi, accelerando ogni cosa. Molti fanno fatica a adattarsi al cambiamento in atto, tutti percepiscono che gli effetti di questa rivoluzione potrebbero cambiare per sempre le loro vite e il destino del genere umano sulla terra, non necessariamente in senso positivo. Per questo si rifugiano in una sorta di (tecno)nichilismo esistenziale (perdita di senso), individuale (machines do everything better), politico (disimpegno e perdita di controllo) e sociale (connessi ma soli, connessi online ma disconnessi dagli altri intorno a noi).

Un mondo di marzapane?

La realtà è la realtà così come una ciabatta è una ciabatta, direbbe Massimo Recalcati, ma la realtà non è il reale. Anche nelle nostre narrazioni odierne tendiamo infatti a adagiarci nella realtà, fatta di routinarie interpretazioni, rassicuranti evidenze, ripetizioni dell’uguale, che raccontano un ordine delle cose ritenute, da moltitudini, come evidente. Ma la vita non è mai routinaria, evidente, rassicurante. È fatta di spigoli, di incertezze e disordine, di negatività, di incubi, che non si possono espellere dal proprio orizzonte. Mentre continuiamo a vivere dentro le nostre illusioni e a raccontare la realtà come una continuità, il reale emerge, è irriducibile, rompe ogni schema non facendosi mai plasmare, addomesticare, ridurre da qualsivoglia narrazione.

Great resignation, big quit o rassegnazione?

Rinunciare al lavoro, prendersi una pausa è come tirare il freno a mano di emergenza, è sintomatico di qualcosa di importante che va oltre il gesto in sé, anche per la sua valenza globale. Non comunica soltanto la scelta di nuovi stili di vita o di lentezza (che barba la filosofia della lentezza) ma anche una reazione, in particolare nelle nuove generazioni, decelerezionista e antagonista. Non riguarda solo il lavoro ma una percezione diffusa di vivere tempi di crisi nelle quali il futuro fa paura, si diffonde il disincanto e aumenta la rassegnazione determinata dalla percezione di non potere fare nulla per cambiare, perché in realtà, in particolare in Italia, nulla mai cambia.

Disorientati e in fuga nel Metaverso

Il Metaverso è già qui e non se ne andrà perché viviamo già dentro mondi virtuali scambiati per reali. Dobbiamo imparare a conviverci, provare ad abitarlo e sperimentarlo, in tutte le forme nelle quali si materializzerà. Conviene però farlo con disincanto, (tecno)consapevolezza, capacità critica, ricordandosi sempre di essere umani. Ibridati e aumentati tecnologicamente, trasformati digitalmente, ma sempre esseri umani, persone prima ancora che individui, capaci di libero pensiero e di libertà di scelta. Il Metaverso prossimo venturo in formazione come ambiente proprietario spingerà verso mondi disincarnati, (f)utilitaristici e individualisti, ma non potrà mai essere separato dal mondo reale.

Il mondo diviso…dal linguaggio

Il linguaggio è lo strumento cardine che noi umani utilizziamo per fare esperienza della realtà. Uno strumento oggi usato per lo storytelling sulla guerra in Ucraina per invitare tutti, in modo spesso ideologico, a stare da una parte sola, ma il cui uso descrive anche molto bene la sparizione di un mondo comune e l’affermarsi, in forme diverse, di un mondo sempre più diviso e divisivo, omologato e conformista, raccontato come libero ma sempre più spesso manipolato, censurato.

Essere visibili o scomparire?

Viviamo vite raggomitolate, inautentiche, che alimentano il mal di vivere e il dubbio che la vita “potrebbe essere tutt’altra da quella che stiamo vivendo”. Dalla sofferenza, da una visione del mondo non conforme alla realtà e dal dubbio nasce il bisogno di una riflessione, filosofica, urgente, non superficiale né banalizzata dalle tante pseudo-filosofie felicitarie e commerciali del momento, ma capace di permettere di cogliere lo scarto esistente tra la vita ordinaria che conduciamo, oggi vincolata alla gratificazione continua e alla ricerca della soddisfazione, e un’altra vita possibile, meno apparente, meno fittizia o falsa. La pseudo-vita dell’oggi è rassegnata, passiva, regalata all’algoritmo e condizionata dalle piattaforme, reificata e alienata.

Riflessioni (tecno)consapevoli sparse

Le trasformazioni digitali da tanti reclamate e decantate ci hanno trasformato, come esseri umani e come cittadini. Dentro un liberismo sfrenato le tecnologie hanno favorito l’individualismo, la ricerca costante del soddisfacimento di interessi singoli, promuovendo una illusoria autosufficienza nella quale uno vale uno e ognuno può affrontare i propri problemi in solitudine, da solo. Abituati a esprimerci liberamente online, abbiamo disimparato a dialogare, smesso di agire come collettività, frammentato i legami sociali e fatto emergere come comportamento primario quello della prevaricazione, dell’imposizione, delle certezze di verità, ecc.

Eventi, cornici e social network

La nostra vita è piena di eventi, tutto è vissuto come un evento, oggi sempre declinato al presente continuo del tempo tecnologico a cui siamo assuefatti. Ogni evento determina nuovi orizzonti di senso, il modo con cui percepiamo e ci relazioniamo alla realtà.

Libri…books… e tecnologia

Le strade e le metropolitane sono piene di persone con lo sguardo fisso sul loro telefonino. Rischiano sempre di urtare qualcuno, mai di andargli incontro  Sbattergli addosso, rimanendo turbati da quello che si percepisce, permetterebbe forse di cogliere la sua differenza e diversità, di sperimentare la curiosità che nasce dalla non conoscenza, dalla casualità dell’incontro e dai concatenamenti che potrebbe determinare. L’incontro a cui faccio riferimento non è quello tra profili digitali e facce virtuali che può essere condotto attraverso scambi di messaggi e informazioni.

Cresce il bisogno di silenzio…mediale!

Il silenzio e il tacere sono pratiche che tutti oggi dovrebbero individualmente adottare anche nella rete e sulle piattaforme social da molti abitate in pianta stabile. Il chiacchiericcio di fondo fatto di cose, comportamenti, eventi tutti uguali impedisce qualsiasi tipo di approfondimento, di riflessione, di ascolto, di comprensione e di conoscenza. La parola ha perso di significato, la comunicazione è diventata una coazione, la libertà, la riflessione e il pensiero sono vissuti come un gioco. Un modo per allontanarsi dalla confusione che regna sovrana nel mondo reale e forse dentro ognuno di noi. In questo contesto recuperare e riscoprire il silenzio non porterà a maggiore pace e serenità ma è diventata una necessità.

Sorpresi di essere sorpresi?

Complessità, incertezza e fragilità dominano il nostro quotidiano, hanno distrutto le nostre illusioni postmoderniste, forse anche la nostra immaginazione. Eppure, le crisi attuali sono per tutti una grande opportunità. Di ripensamento e di riflessione, di presa di coscienza e consapevolezza con l’obiettivo di recuperare la complessità dell’umano e provare a (re)immaginare nuovi scenari futuri, diversi da quelli ai quali ci siamo quasi rassegnati.

Storie dalla fine del mondo

Senza catastrofismi, evitando di lasciarsi prendere dal pessimismo, dall'angoscia e dall'ansia, ma con realismo, in questi tempi di policrisi, tutti possiamo condividere la percezione di un'epoca al suo tramonto. Un'epoca che vede il declino, per alcuni la disfatta, dell'Occidente ma soprattutto il benire meno delle certezze che nel secolos corso avevano fatto immaginare un progresso e un benessere senza fine. Così non è e il terzo millennio ce lo ricorda ogni anno. Per questo riflettere sul vivere alla fine dei tempi può essere utile, anche per esorcizzare quello che non vorremmo e forse non vogliamo neppure vedere.

Intelligenza artificiale e…Ucraina

Mentre tutti ci stiamo trasformando in esperti di geopolitica, conviene diventare edotti che la complessità del mondo ha generato elevata fragilità umana. Nella catastrofe percepita tra gli effetti c’è la difficoltà a cogliere l’intero e la perdita del valore complessivo della vita. Bisogna ritornare a pensare, a esercitare il sentire e l’immaginazione, soprattutto bisogna interrogarsi sugli orizzonti di senso delle nostre esperienze. Pensare non basta, bisogna che il pensiero sia radicale, capace cioè di rompere il modo di pensare consolidato e conformistico, un pensiero quindi non conformista, aperto a visioni larghe e informate.

Labirinti e metaversi

Non tutti i labirinti sono uguali, imparare a conoscerli e capirli è indispensabile, soprattutto perché il labirinto moderno è ibridato tecnologicamente, è diventato digitale e virtuale, cognitivo e psichico. A differenza del labirinto di Cnosso, dal percorso pauroso ma lineare e di quello unicursale che porta a qualche centro o punto cieco, il labirinto digitale non è un’esperienza esistenziale (incontro con il Minotauro, prove da superare, ecc.) ma è mediato e condizionato dalla parzialità e limitatezza degli spazi sperimentati che impediscono ogni visione globale. È contagioso, virale, porta alla cecità (leggete Saramago) e quindi a muoversi a tentoni. Per questo è inutile cancellarsi dai social o staccare la spina.

Il tempo del disincanto

Viviamo il tempo del disincanto, percepiamo e forse abbiamo anche compreso quanto sian illusorie le promesse della tecnologia e delle sue piattaforme. Il disincanto nasce dalla consapevolezza di quanto lontana sia la felicità promessa e insufficienti le gratificazioni e i doni elargiti da piattaforme sempre più abuliche nella lororicerca affamata di dati e informazioni. Il disincanto nasce anche, per alcuni, da una accresciuta consapevolezza sull'essere stati trasformati in semplici consumatori, merci.

OLTREPASSARE – Intrecci di parole tra etica e tecnologia

Dentro mondi virtuali, in assenza di corpo, di volti e di sguardi, viviamo pseudo-vite digitali, determinate dal volere di codici stranieri, algoritmi prepotenti e servitù volontarie. Il disincanto tecnologico emergente suggerisce il distacco dal tempo presente per andare oltre e altrove, per mettersi in viaggio, oltrepassare, alla ricerca esperienziale di nuove formule esistenziali utili a vivere dentro le innumerevoli crisi di questo mondo. Obiettivo di questo viaggio, tra etica e tecnologia, è la riscoperta del valore umano dell’esistenza e di nuovi orizzonti di senso, è il recuperare una socialità incarnata che permetta di incontrare ed entrare in contatto con l’Altro nella sua alterità e unicità, inteso come persona con la quale ritrovarsi. Lungo questo cammino, il primo passo consiste nel tornare a porre attenzione alle parole, al linguaggio, al parlare comune.

Siamo in un labirinto

Senza rendercene conto ci siamo costruiti la nostra caverna, a forma di acquario dalle spesse pareti e a forma di voliere dalle grate insuperabili. In realtà la caverna è un immenso e rizomatico labirinto, che si va deteriorando e ammuffendo, noi con esso. Le crepe che lo caratterizzano (“There is a crack, a crack in everything That’s how the light gets in“ – Leonard Cohen) permetterebbero di cercare la luce e aprire dei varchi per volare fuori, come novelli Icaro alla ricerca di libertà. Mentre ci si crogiola al calduccio del labirinto le sue crepe e fessure si riempiono di muffa oscurando anche i pochi sprazzi di luce filtranti e aumentando il decadimento generale. La muffa è pervasiva, (dis)informativa, mediatica, cognitiva, ludopatica, manipolativa, diseducativa, presentista, conformista (non fare nulla di diverso dagli altri!), omologante, massificante.

Ma cos’è questa crisi!

La crisi è tema ricorrente di narrazioni mediali, almeno di quelle poche che ancora sono ancorate alla realtà e ai problemi reali emergenti quali disoccupazione, precarietà del lavoro, povertà (preferiamo non vederla), disuguaglianza, immobilità dell’ascensore sociale, paura del futuro, ansia e disturbi psichici, tristezza e aumento dei suicidi. A confermare queste narrazioni c’è la percezione di tutti, soprattutto delle nuove generazioni, di sentirsi con le spalle al muro, senza più certezze, incapaci di fare delle scelte e di decidere perché in difficoltà a immaginare futuri diversi (“Predire il futuro non si può, lo si deve. Lo si deve perché non lo si può”), primo passo per provare a imprimere agli eventi correnti una direzione per realizzarli.

In assenza di corpi ci innamoriamo di macchine

Siamo sempre in movimento verso Altrovi virtuali e digitali, dovremmo farlo attraverso esperienze esistenziali fatte di scelte e di azioni etiche capaci di dare un senso alla vita, anche a quella degli Altri, rivalutando i loro volti e gli sguardi. Nella consapevolezza che il nostro essere è bisognoso dell’Altro, dipende dalla vicinanza e dalla presenza, dalla comunicazione con e dal riconoscimento dell’Altro, dal suo desiderio a noi rivolto che poi è un desiderio di farsi riconoscere, uguale al nostro. Anche nella conflittualità che ne deriva. A caratterizzare l’incontro è lo sguardo, a volte reificante, giudicante, sconvolgente e destabilizzante ma anche rincuorante perché fa sentire meno soli, capiti, compresi, ci identifica, ci fortifica, riempie il nostro vuoto, attiva in noi nuove possibilità e ci realizza, pur nella contrapposizione, nella negatività e nella conflittualità. Recuperare corpo, volto e sguardo è diventata una missione per tutti ma per realizzarla serviranno coraggio, capacità di pensiero e tanta cura.

Metaverso e Nostroverso

Viviamo un’era tecnologica caratterizzata dalla sparizione del corpo, trasformatosi ormai in profilo digitale, avatar, simulacro, semplice riflesso dentro uno schermo specchio. Senza dover attendere il Metaverso, siamo già dentro mondi virtuali nei quali viviamo pseudo-vite digitali determinate da codici stranieri (software), algoritmi e intelligenze artificiali. Mentre aspettiamo di vedere il “Metaverso mondo” che ancora non esiste, è arrivato il tempo del disincanto, del distacco, dell’andare oltre ed altrove. Per farlo bisogna praticare l’Oltrepassare: pensare, porsi delle domande, approfondire, scegliere. Con l’obiettivo di recuperare una socialità incarnata, il con-tatto con l’Altro inteso come persona con la quale ritrovarsi, cambiare il ritmo della propria vita e tornare a esistere, davvero.