La tecnologia è oggi pervasiva in ogni ambito della nostra vita ma qui si parla prevalentemente di tecnologia dell’informazione. Per un motivo principale: il suo essersi fatta mondo e per la capacità, delle forme (piattaforme, dispositivi, social, Big Data, Cloud, IoT, ecc.) nelle quali si esprime, di influenzarci a livello comportamentale, emotivo e cognitivo. Opporsi alla tecnologia sarebbe antistorico e un non-sense, per questo interrogarci filosoficamente su dove siamo oggi e se tutto va bene è diventato urgente oltre che necessario. Lo è perché viviamo tempi incerti, complicati, sofferenti e perché mai come oggi il futuro ci appare incerto. E non solo per la crisi sanitaria determinata dalla pandemia e poi dai suoi effetti nel tempo. Percepiamo che altro sta emergendo e che siamo sull’orlo del caos (baratro). Siamo tutti in cerca di una bussola e dobbiamo capire che la tecnologia non è una bussola sufficiente, nonostante alle macchine abbiamo ormai regalato la nostra anima.
Il tempo tecnologico è lineare, binario, accelerato, compresso, pulsante.
L’istantaneità del feedback e la velocità che caratterizzano il mondo digitale definiscono un tempo viscoso che ci fa vivere in perenne affanno, in apnea, sempre in assenza di (aria) tempo. Inutile accelerare, si rimane ancorati allo stesso punto! Come nelle sabbie mobili!
Il tempo tecnologico fa da attrito per tutti gli elementi con cui è in relazione, si contrae come un buco nero, non lasciando dietro di sé alcuno spazio, ma un semplice campo gravitazionale. Così intenso da non lasciare sfuggire nulla, neppure le tante azioni che caratterizzano socialmente i mondi abitati dalle moltitudini della Rete.
Determina una vera e propria tirannia dalla quale sembra impossibile ma anche indesiderabile sottrarsi. Richiede reazioni immediate, impedisce di tergiversare e indugiare sulle cose, di cogliere l’intervallo che sempre precede una decisione, ma soprattutto di interpretare e riflettere, fare delle scelte oculate, razionali e logiche, di differirle spostandole in là nel tempo, sottraendosi al ricatto della velocità binaria del mezzo digitale.
Il tempo senza tempo tecnologico non facilita scelte ottimali perché è compresso, trascina tutti nei suoi vortici elicoidali, imprigionandoli in sabbie mobili, virtuali ma pur sempre capaci di trattenere chiunque vi sia finito dentro. Non è un tempo diacronico, impedisce il confronto con le esperienze passate, con le regole che le hanno dettate e i contenuti della memoria che richiamano il passato.
Il tempo continuo tecnologico si basa sulla disponibilità immediata di dati, si spazientisce per la lentezza di contenitori di memoria come quelli umani (non ancora caricati sul Cloud e diversi dai Big Data). Un tipo di memoria percepita ormai come troppo lenta e inadeguata a soddisfare i bisogni impellenti che guidano le azioni individuali dell’era tecnologica. Questo tempo mediale, digitale e online si è trasformato “in un tempo che si agita disorientato” e che impedisce “alcuna esperienza di durata” (Byung-Chul Han, Il profumo del tempo). L’esperienza da far durare non è quella della connessione ma della relazione, contestualizzata e legata a un ambiente fisico, incarnato, familiare e sociale.
Nel tempo agitato il disorientamento è anche nostro. Nasce dall’essere sempre in movimento, vigili a ogni segnale percepito come potenzialmente aggressivo, spinti a correre come se fossimo animali braccati in fuga. Percepiamo di essere diventati trasparenti, effimeri e transitori come lo sono i profili digitali, che Facebook può sempre decidere di mandare nelle catacombe o cancellare.
La cancellazione di un account, l’indisponibilità temporanea di WhatsApp o della connessione Wi-Fi, l’assenza di energia elettrica possono però diventare l’occasione per prendersi una pausa dalla tecnologia e una boccata d’aria (con mascherina?), fuori dalla bolla tecnologica ossigenata artificialmente.
Il tempo reale con il suo fluire lento può portare alla decisione di farlo durare per riscoprire la fisicità del corpo, le sensazioni e le emozioni che riempiono di significati la vita relazionale del mondo reale. La sua (ri)scoperta può aiutare a non appiattirlo ma a dilatarlo, per riscoprire e far riemergere il passato con cui è interallacciato, mantenendo le porte aperte a scenari futuri, mai prevedibili ma sempre possibili.
Rinunciare al tempo programmato digitale, sempre più determinato dal presentismo e dagli automatismi di sensori vari che si sostituiscono ai sensi, recuperare la lentezza, è un modo per investire sul tempo qualitativo, lasciarsi guidare dalle emozioni e agire il processo decisionale, recuperare le conoscenze che servono per demistificare i messaggi, le credenze, i pregiudizi e le convenzioni della Rete che governano il nostro pensiero determinando le nostre decisioni.
Rallentare è sinonimo di pazienza e parsimonia nell’uso del tempo. Aiuta a maturare punti di vista personali, utili a valutare e confrontare le varie opzioni di scelta possibili, prima di prendere una decisione. Impedisce di saltare sempre alle conclusioni, affidandosi a quello che si vede (sul display) come se fosse l’unica verità possibile. Permette di elaborare una propria riflessione critica della realtà o dell’evento presi in esame. Una riflessione che deve portare a una qualche forma di azione, dopo avere elaborato una scelta, meglio se creativa, anticonformista e anche disobbediente.
Rallentare è anche un modo per contribuire positivamente allo sviluppo di realtà tecnologiche come quelle attuali, dando loro orientamenti e logiche diversi da quelli fin qui imposti dai proprietari delle piattaforme tecnologiche.
Cosa ci aspetta nel futuro?
Il futuro si sa è imprevedibile, incerto, dipende sempre dagli altri! Ma è ricco di avvenimenti che danno forma ad avvenire diversi ai quali ognuno può tentare di dare un senso in piena libertà.
La solitudine di molti li pone di fronte all’immagine vuota di un futuro terrificante
La difficoltà a pensare oggi al futuro nasce dalla diffusione di una ideologia del presente che paralizza il pensiero, tarpa le ali all’immaginazione, impedisce ogni sogno utopico o di rivoluzione (cambiamento reale). È una ideologia fondata sulle chiacchiere (alimentano lo storytelling?) social e che, “dissimulando o facendo crollare il passato fa sì che le solitudini si trovino di fronte all’immagine vuota di un futuro terrificante” (Marc Augè).
Ma perché mai il futuro dovrebbe essere terrificante?
E se questa percezione (previsione) dipendesse solo dalla nostra incapacità a cogliere quanto nel presente sta già delineandosi come futuro?
E se la percezione di crisi duratura invece di gettarci nello sconforto ci aiutasse a capire che qualcosa non funziona più e che dovrebbe essere realmente cambiato?
I cambiamenti (economici, geo-politici, sociali, ambientali, culturali e cognitivi) sono già in atto, in modo irreversibile, ma la loro destinazione finale è ancora tutta da scrivere. E se fossimo noi a sceglierla, a condizionarla con i nostri comportamenti e decisioni, a determinarla agendo come cittadini?
E se invece di fossilizzarci sulle informazioni diventassimo affamati (stay hungry) di conoscenza, unico baluardo vero all’ignoranza, al conformismo, all’omologazione di una società tecnologica che gode della servitù volontaria di milioni di persone, ignare di poter riorientare la propria storia in direzioni diverse da quelle astutamente suggerite/imposte?
Riprendendo l’incipit di questo testo che parla di futuro sempre ricco di avvenimenti che danno forma all’avvenire, l’avvenimento che ha caratterizzato il 2020 è stato il Coronavirus. Nel 2021 tutti gli avvenimenti (Olimpiadi e vittorie italiane, crisi ambientale, ecc.) sono stati assorbiti dallo storytelling ossessivo su Vaccino e No-Vax.
Cosa ci riserverà allora il prossimo futuro?
Tecnoprofili, forse senza identità!
Quali saranno gli avvenimenti che lo caratterizzeranno e che tipo di previsioni ci sentiamo di fare?
Ho provato a ipotizzare alcune possibili opinioni sulla base di alcuni profili identitari, tutti condizionati dal nostro essere ormai Homo technologicus:
(TECNO)CRITICI: l’avanzata delle intelligenze artificiali obbligherà a passare da riflessioni descrittive e conoscitive a riflessioni prescrittive. Anche di tipo etico!
(TECNO)CINICI: il disincanto emergente verso la tecnologia farà crescere le contraddizioni delle credenze e dei modi di vivere delle persone, le loro abitudini e i loro comportamenti di sottomissione ai loro gadget tecnologici.
(TECNO)SCETTICI: l’accelerazione tecnologica continuerà facendo aumentare lo scetticismo, il dubbio, la confusione, l’incertezza verso le capacità taumaturgiche e trasformative della tecnologia. Lo scetticismo aumenterà per esperienze negative fatte, per la nostalgia verso un passato che non tornerà.
(TECNO)CONSAPEVOLI: La crisi sanitaria e le crisi sistemiche dentro le quali si colloca non aiutano a prestare la dovuta attenzione alla stanchezza e alla noia che derivano dalle interazioni con il medium tecnologico e al bisogno emergente di libertà, di vie di fuga. Il futuro non porterà grandi cambiamenti ma può essere utilizzato per riconquistare spazi privati di libertà personale nei quali esercitare la propria capacità di scelta e il diritto alla verità. Una libertà non negativa e subita, come quella che nasce dal consumismo e dalla costante variabilità di messaggi, prodotti e opinioni, non automatizzata ma vaccinata contro ogni tentativo di condizionarla algoritmicamente. Una libertà che rifiuti la protezione e il controllo, le gratificazioni che li rendono accattivanti e accettabili, per lasciare emergere nuove idee, elaborare nuovi pensieri e nuove opinioni, per sperimentare nuovi spazi di consapevolezza e possibilità.
(TECNO)AGNOSTICI: sospendiamo (laviamoci le mani…) ogni giudizio anche perché non abbiamo conoscenze sufficienti!
(TECNO)APOCALITTICI: La cecità che ha colpito tutti impedisce di vedere il futuro tecno-apocalittico che ci aspetta. A fare la differenza saranno i comportamenti umani devianti accelerati dal motore turbo della tecnologia. Facile prevedere l’emergere di fenomeni come: criminalità online diffusa, tecnocrazie imperanti, sparizione della privacy, dominio assoluto delle aziende tecnologiche, sorveglianza e controllo governativi e privati, aumento di fake news, teorie complottiste e verità alternative.
(TECNO)CITTADINI: L’era tecnologica suggerisce il dominio della macchina e la subordinazione dell’uomo, grazie al controllo da parte di pochi (mai eletti da nessuno) degli apparati tecnologici (software, algoritmi, piattaforme, infrastrutture, APP, Cloud, Big Data/memoria, ecc.). La difficoltà a essere cittadini crescerà insieme all’urgenza del tornare a esserlo, per non trovarsi a essere solo utenti, consumatori, produttori di contenuti, pesci in acquario, semplici merci. Inutile illudersi che nel prossimo futuro qualcosa cambi, anzi la situazione della cittadinanza peggiorerà, anche online. La capacità manipolatoria e propagandista dell’apparato tecnologico spinge “i cittadini a fidarsi, a non scandalizzarsi, a adattarsi” (F. Varanini), a servire. Ma la (tecno)consapevolezza e il disincanto tecnologico potrebbero far emergere forme di resistenza, di difesa dell’autonomia e della privatezza e di altri diritti che caratterizzano la cittadinanza, compresa quella digitale.
(TECNO)ENTUSIASTI: Intelligenza artificiale, robotica, genetica, geo-ingegneria, nanotecnologia, ecc. sono solo alcuni degli ambiti che la tecnologia sta rivoluzionando con implicazioni positive destinate a cambiare le sorti dell’umanità sulla Terra. L’avanzata della tecnologia è inarrestabile!
(TECNO)OTTIMISTI: La tecnologia non sembra poter garantire la piena occupazione e l’aumento di produttività, ma è destinata a proseguire la sua corsa con la rivoluzione energetica basata su fonti rinnovabili. I costi più bassi dell’energia cambieranno la mobilità, la logistica e la consegna a domicilio. L’altra rivoluzione inarrestabile è quella biotech, capace di ridefinire le nostre relazioni con il mondo fisico, la natura e la vita umana. E non solo grazie a vaccini e cure per i Coronavirus. Rivoluzioni in arrivo anche nell’ambito biologico e scientifico con interfacce evolute cervello-macchina, terapie geniche (tecnologie di editing Crispr) e neurotecnologie, trapianti di organi. Rivoluzioni in arrivo nella Intelligenza Artificiale, nelle nanotecnologie, nelle tecnologie per lo spazio, ecc. In sintesi, il futuro è destinato a confermare un decennio disruptive in termini di rivoluzioni tecnologiche che stanno ridisegnando l’umano.
(TECNO)ESCLUSI: La precarietà e le disuguaglianze in aumento faranno crescere il digital divide e aumentare i tecno-esclusi. Esclusi non dall’accesso alle tecnologie o dal possesso di un dispositivo, ma dalla possibilità di trarne benefici e vantaggi concreti per la loro vita reale. A crescere saranno anche i Tecno-esclusi dalla vita, perché vittime sacrificali del potere pervasivo e autoritario della tecnologia, che ha invaso la loro vita trasformandoli in tecno-dipendenti, tecno-dopati, tecno-drogati e tecno-manipolati.
(TECNO)CATASTROFISTI: “Le candele stanno tremando”. Il futuro testimonierà quanto la modernità abbia fallito così come non funzioni più un’esistenza completamente tecnicizzata e disincarnata. Calerà la fede nel progresso e aumenterà l’alienazione umana perché dentro un’epoca di successi tecnologici avanzano il vuoto, l’ansia, lo stress e la depressione. Nel frattempo, continuiamo a consumare e a comprare, a navigare e a chattare!
(TECNO)FONDAMENTALISTI: La tecnologia è lo strumento per eccellenza per gestire ogni tipo di problema, di ogni innovazione reale. Il futuro sarà un anno di proselitismo per un pensiero (una religione) tecno-fondamentalista, fondato sulle promesse di progresso, di trasformazione digitale e di innovazione, in modo da sconfiggere dubbiosi e critici, per cambiare in profondità le relazioni uomo-macchina. Chi crede nella tecnologia dovrà confrontarsi con il disincanto crescente, verso una tecnologia non più (mai) neutrale, con quanti hanno deciso di staccare la spina, con coloro che predicano la lentezza. Il mondo tecnologico va di corsa e se stiamo al passo ne avremo tutti benefici e vantaggi.
(TECNO)ETICI: Viviamo tempi senza etica ma il mondo, anche quello tecnologico, è alla ricerca di etica. Il futuro in arrivo può essere l’occasione per regolare la volontà di potenza della tecnologia, non attraverso la definizione di norme, valori, e codici, ma con comportamenti etici condivisi e come tali capaci di irrobustire il concetto di essere umano, la sua identità e prospettiva umana futura. Un primo passo sarà la riscoperta di parole e linguaggi etici capaci di contrastare la brutalità del linguaggio oggi imperante con le sue narrazioni fondate su false verità e manipolazioni della realtà. Altro passo importante sarà la capacità di contrastare la propensione al controllo e alla sorveglianza di poteri, spesso opachi e invisibili, che puntano al dominio, alla prevaricazione e al controllo autoritario.
(TECNO)SORVEGLIATI: Il capitalismo della sorveglianza non lascerà tregua e si espanderà ancora. Gli aristocratici della Silicon Valley che hanno siliconizzato il mondo potenzieranno i loro algoritmi, le loro applicazioni e piattaforme fornendo strumenti sempre più potenti di vigilanza e controllo dentro scenari sempre più distopici.
(TECNO)UTOPISTI: viviamo già dentro una grande utopia del Big Now. Si confermerà il ruolo della tecnologia nell’edificazione della nuova città globale ideale e felice, nella eliminazione di povertà e sofferenza e nel fare passi ulteriori verso l’immortalità. Il progresso sarà tecnologico!
Oggi più che mai, siamo tutti alla ricerca di identità!