Il cervello umano è un sistema straordinario, ma limitato. Ogni giorno è bombardato da un flusso incessante di informazioni grezze provenienti dai sensi: occhi, orecchie, pelle, visceri. Questi dati, raccolti nella memoria sensoriale, vengono trattenuti solo per un “batter d’occhio”, mentre il resto viene filtrato o dimenticato.
Tuttavia, il passaggio alla memoria a lungo termine richiede un processo di elaborazione più complesso, noto come consolidamento. Questo non è un semplice “copia-incolla”, ma un’indagine critica: il cervello analizza i dati, cerca connessioni e relazioni logiche, trasformando l’informazione grezza in apprendimento significativo.
Questo processo, che ci consente di passare da semplici “pappagalli” a esseri pensanti, trova una connessione profonda con il pensiero confuciano: Confucio sottolineava l’importanza della “rettificazione dei nomi” (zhèngmíng), ovvero l’idea che una corretta organizzazione del linguaggio e della conoscenza sia necessaria per costruire ordine e armonia nella società. Il consolidamento della memoria, a livello individuale, riflette questa esigenza: organizzare i dati per generare significato e quindi costruire un’identità solida.
I rituali, nella loro essenza, sono molto più che pratiche sociali: sono tecniche simboliche che ci permettono di trasformare l’essere-nel-mondo in un essere-a-casa. Essi collegano il presente con il passato, radicando l’individuo in una narrazione collettiva che conferisce senso e appartenenza. Tuttavia, nella società contemporanea, i rituali sono stati svuotati del loro valore simbolico e trasformati in semplici eventi consumistici.
Il pensiero confuciano e taoista offre una prospettiva preziosa su questo tema. Confucio, nel Lúnyǔ (Dialoghi), enfatizza l’importanza dei rituali (lǐ) come strumenti per mantenere l’ordine sociale e per connettere l’individuo alla collettività. I rituali non sono solo azioni ripetitive, ma manifestazioni di valori condivisi e di una visione armonica dell’esistenza. Allo stesso modo, il taoismo di Laozi, nel Dàodéjīng, ci invita a riscoprire il rapporto con il “Tao”, l’ordine naturale delle cose, per superare la frammentazione e riconnetterci a un significato più profondo.
Queste prospettive ci ricordano che il rito è molto più di una funzione sociale: è una via per trascendere il caos e abitare il mondo con consapevolezza.
Il linguaggio è molto più di uno strumento di comunicazione: è l’essenza del pensiero. Come affermava Nietzsche, le parole sono ombre dei concetti, e manipolare il linguaggio significa manipolare il pensiero stesso. La pressione del politicamente corretto, che induce a eliminare termini ritenuti offensivi e a preferirne altri, rischia di trasformarsi in una forma di sovrascrittura simbolica.
Sebbene l’intento sia quello di creare inclusività, questa dinamica può soffocare la libertà di pensiero e di espressione. Anche qui il pensiero orientale può offrire una prospettiva critica: la filosofia confuciana sottolinea che il linguaggio deve essere accurato e rispettare la realtà. Manipolare il linguaggio per conformarsi a regole esterne potrebbe minare questa “rettificazione dei nomi”, creando una distanza tra ciò che diciamo e ciò che è. Zhuangzi, d’altro canto, ci mette in guardia contro l’attaccamento rigido al linguaggio, suggerendo che le parole sono solo strumenti e che il loro significato più profondo va oltre le convenzioni.
La società contemporanea è bloccata a metà del guado. La disoccupazione tecnologica, che potrebbe teoricamente liberare il tempo umano per attività significative, è ancora associata a una perdita di reddito e di dignità. Questo crea un vuoto esistenziale: il tempo libero, anziché essere una dimensione di crescita, si riduce a uno spazio di consumo privo di significato.
Nel pensiero coreano, in particolare nella filosofia del hongik ingan (“vivere per il beneficio di tutti”), emerge una riflessione sull’equilibrio tra lavoro, tempo libero e appartenenza collettiva. La vita non è vista come una competizione individuale, ma come una cooperazione per il benessere comune. Questo concetto potrebbe essere una chiave per ripensare il tempo libero non come consumo, ma come una risorsa per costruire una società più inclusiva e armonica.
Se la memoria è il luogo in cui il cervello consolida il significato, la narrazione è il luogo in cui la società costruisce il proprio futuro. Una narrazione trasformativa non può nascere dal capriccio di una singola persona: deve emergere da una dimensione collettiva, capace di connettere passato, presente e futuro.
Il concetto taoista di “wu wei” (non-azione) può offrire un approccio interessante: non si tratta di passività, ma di un agire in armonia con l’ordine naturale delle cose. Per ricostruire nuove narrazioni, dobbiamo smettere di forzare schemi prestabiliti e lasciar emergere un significato autentico, radicato nell’esperienza collettiva.
La nostra epoca è caratterizzata da una tensione tra frammentazione e consolidamento, tra perdita di significato e ricerca di nuove narrazioni. Come il cervello umano deve filtrare e rielaborare il sovraccarico informativo, così la società deve affrontare la propria crisi di simboli e linguaggi. Se vogliamo superare questa crisi, dobbiamo recuperare la capacità di creare significati condivisi, restituendo al tempo, al linguaggio e ai riti il loro ruolo trasformativo.
Solo così potremo passare da un essere-nel-mondo frammentato a un essere-a-casa.
Bibliografia Commentata
1. Heidegger, Martin – Essere e tempo
Fondamentale per comprendere il concetto di essere-nel-mondo e il rapporto tra tempo e identità.
2. Confucio – I Dialoghi (Lúnyǔ)
Un testo chiave della filosofia cinese, che esplora l’importanza dei rituali (lǐ) e della rettificazione dei nomi (zhèngmíng) come basi per l’armonia sociale.
3. Laozi – Tao Te Ching
Un classico taoista che offre una prospettiva sulla necessità di vivere in armonia con l’ordine naturale (Tao) per superare la frammentazione.
4. Zhuangzi – Zhuangzi
Approfondisce il rapporto tra linguaggio, realtà e trascendenza, mettendo in discussione le convenzioni linguistiche.
5. Ricoeur, Paul – La memoria, la storia, l’oblio
Un’analisi filosofica sul ruolo della memoria nella costruzione del significato e dell’identità.
6. Arendt, Hannah – La condizione umana
Riflette sul significato del lavoro, del tempo libero e della libertà nella vita umana.
7. Mircea Eliade – Il sacro e il profano
Approfondisce il significato dei riti e la loro connessione con il sacro nella vita umana.
8. Filosofia coreana – Hongik Ingan: Beneficio Universale
Una prospettiva coreana sull’armonia sociale e l’importanza di vivere per il benessere collettivo.