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Miguel de Cervantes Saavedra avrebbe voluto essere un poeta e scrisse bellissimi versi ma è diventato celebre come romanziere grazie al suo capolavoro, il “Don Chisciotte”, che è stato anche il primo romanzo mai pubblicato. Esso venne edito in due parti a distanza di parecchio tempo l’una dall’altra, il primo volume nel 1605 quando Cervantes aveva 58 anni, il secondo nel 1616 quando ne aveva 68.

Un testo (©) pubblicato il 29 novembre 2022 sul mio BLOG laviniacapognawriter 

“Ognuno vede il mondo in modo differente” Don Chisciotte 
 

Il “Don Chisciotte” (il cui titolo originale è “El ingeñioso hidalgo Don Quijote de la Mancha”) è anche diventato il simbolo della Spagna stessa ed è il romanzo più letto al mondo con i suoi 500.000.000 di lettori e lettrici. Il romanzo venne scritto nelle condizioni più avventurose e disagiate, vendette 800 copie (che non erano poche allora) ma Cervantes non guadagnò nulla perché a quel tempo non c’erano ancora i diritti d’autore.

Nel 1500 la Spagna era diventata una delle massime potenze in Europa, aveva travalicato i suoi confini e scoperto e conquistato o invaso il continente americano (1492) da cui provenivano immense ricchezze ed occupato Milano, Napoli e tutto il sud d’Italia, comprese la Sicilia e la Sardegna, non a caso una delle vie più eleganti di Napoli si chiama via Toledo e i quartieri popolari della città si chiamano i Quartieri spagnoli.

Il 1500 e soprattutto il 1600 sono secoli complessi, meno conosciuti, in Italia lo storico Rosario Villari ha contribuito a schiarire molte ombre del misterioso e barocco Seicento.

Sono i secoli della Riforma di Martin Lutero e della Controriforma, delle violentissime guerre di religione, della scoperta dell’America e della Guerra dei Trent’Anni. Sono i secoli delle grandi scoperte scientifiche di Galileo Galilei che posero le basi della scienza moderna. La Spagna del Siglo de Oro, che è storicamente compresa tra il 1492 e il 1681, è anche quella di grandi santi ed artisti primi fra tutti Miguel Cervantes, Teresa d’Avila, Ignazio di Loyola, Pedro Calderón de la Barca, Quevedo, Lope De Vega (il grande nemico di Cervantes come vedremo), Velázquez e El Greco.

Il vero Cervantes si trova nelle pagine del “Don Chisciotte” ed è una personalità affascinante e geniale. La vera Teresa d’Avila si trova nelle pagine di quel libro spiritualmente straordinario che è “Il castello interiore”, così spontanea, affabile e garbata. Il vero Calderon de la Barca si trova in “La vita è sogno “, apparentemente una commedia bizzarra nella trama ma che contiene parti di sublime bellezza. 

“Il Don Chisciotte” è la storia di un maturo gentiluomo, Alonso Quijano, alle soglie della vecchiaia per i suoi tempi, dignitoso, saggio e pazzo al tempo stesso che assume il nome di Don Quijote (Don Chisciotte in italiano). Avendo la testa piena dei romanzi di cavalleria di cui è un appassionato e che già da secoli erano in gran voga (“La chanson de Roland” era il più celebre tra di loro) decide di andare a riparare i torti del mondo, di eliminare le ingiustizie, di difendere le vedove e gli orfani, i poveri, gli affamati, i carcerati. 

Fin dall’inizio Don Chisciotte viene tacciato di pazzia ma il grande messaggio cervantino è che in un mondo di pazzi l’unico saggio è proprio Don Chisciotte, allampanato, elegante, sobrio, casto condottiero che conduce bislacche imprese, che fraintende ogni cosa, che prende lucciole per lanterne ma che ha dentro di sé un ideale, che non cede mai al male ed anzi lo combatte fino all’estremo nei polverosi sentieri della Mancia, tra le montagne, nelle locande vivacissime di osti imbroglioni, donne risolute, verdi boschi con ruscelli e melanconici innamorati, di pastori e musici che si accompagnano su antiche chitarre, tra preti, briganti, criminali, aristocratici, paggi e dame di compagnia, travestimenti, inganni e desideri di libertà come nella storia della fanciulla, segregata in casa, che per poter vedere la città di notte si veste da ragazzo. Nel libro si inseriscono le storie narrate dai personaggi come la bellissima ‘novella fiorentina’ (di cui riparleremo), la commovente vicenda della fanciulla araba e quella di Cardenio (quest’ultima ispirò anche a William Shakespeare una commedia che purtroppo è andata perduta).

Accanto a Don Chisciotte c’è il suo fido scudiero Sancho Panza. Sancho Panza è un uomo semplice, un contadino molto pauroso, illetterato, realista e pratico, che si esprime con proverbi e luoghi comuni ma che a forza di percorrere le assolate strade della Spagna con il nobile Don Chisciotte diventerà a suo modo saggio.

La loro amicizia è commovente.

A distruggere il sogno di Don Chisciotte sarà uno dei personaggi più conformisti del romanzo, il baccelliere (che era un grado universitario) Simone Carrasco. Carrasco vuole riportare Don Chisciotte alla ragione reputandolo, come tutti, pazzo, ricondurlo al suo paese dalla nipote, dalla governante e dal curato, farlo diventare insomma un vecchietto innocuo e non un cavaliere errante. Apparentemente l’intenzione di Carrasco potrebbero sembrare anche buona ma in realtà Carrasco rappresenta la società che vuole riprendere, incatenare, mettere a tacere il ribelle Don Chisciotte e anche se Don Chisciotte riuscirà a sconfiggerlo una prima volta alla fine Carrasco avrà la meglio. Quando pretenderà minacciandolo che rinneghi la cavalleria e l’amata Dulcinea Don Chisciotte si rifiuterà recisamente.

Ma chi è Dulcinea ? Dulcinea in realtà non esiste, questa è la geniale idea di Cervantes. Se Dante e Petrarca nel Medioevo nei loro sommi versi per Beatrice e Laura avevano creato ‘la donna angelicata’ Cervantes andrà oltre… Dulcinea è solo una immaginazione di Don Chisciotte vagamente ispirata ad una sua lontana infatuazione perché un cavaliere errante non può non essere innamorato di una dama e non dedicare ad ella tutte le sue imprese. 

Dulcinea possiede tutte le virtù di una dama ed è di ineguagliabile bellezza.

Ovviamente nel libro ci sono anche i famosi mulini a vento che Don Chisciotte scambierà per i suoi nemici.

Thomas Mann ha definito il “Don Chisciotte” un libro cristiano, il che è senz’altro vero ma di un cristianesimo evangelico opposto a quello intollerante e autoritario della Santa Inquisizione.

Esso ha anche influenze culturali ebraiche e musulmane, come hanno fatto notare studiosi arabi dello scrittore che come vedremo visse cinque anni di prigionia ad Algeri.

Esso fu il libro prediletto da Dostoievskij e da Ernesto ‘Che’ Guevara che nella sua ultima lettera ai genitori citò Ronzinante, il magro ed anziano destriero del cavaliere errante.

La vita di Cervantes non fu meno avventurosa di quella del suo personaggio e forse anche di più.

Miguel Cervantes nacque nel 1547 ad Alcalá de Henares. La sua famiglia era stata ricca ma per alcune rocambolesche vicende suo padre, Rodrigo, era caduto in disgrazia. Lui e sua moglie Leonor avevano avuto ben sette figli di cui Miguel era il quarto. 

Rodrigo era un modesto cerusico, cioè una via di mezzo tra un farmacista e un infermiere, che girava di città in città con alcuni intrugli e rimedi che venivano fatti passare per medicine. Egli inoltre ebbe alcune sventure giudiziarie e sembra che fosse un po’ sordo. Durante la sua adolescenza Cervantes era stato leggermente balbuziente ed appassionato di libri. Infatti nonostante la sua famiglia fosse molto povera egli proveniva da una famiglia che era stata ricca e conosceva le buone maniere, l’educazione e la cultura che erano privilegio di pochi nell’Europa del 1500. 

Una questione che suscita un ampio dibattito tra i saggisti e gli studiosi dell’opera di Cervantes, chiamati ‘cervantini’, è quello se la sua famiglia fosse stata una famiglia ebrea convertita al cristianesimo. Sarebbe troppo lungo e al di là degli intenti di questo articolo riportare i motivi per cui alcuni studiosi hanno il dubbio che Cervantes potesse provenire da una famiglia ebrea ma è importante ricordare che in Spagna allora c’era un grande antisemitismo: nel 1492 gli ebrei che avevano rifiutato di convertirsi erano stati obbligati a lasciare il paese. 

A 22 anni Cervantes rivelò il suo talento letterario componendo quattro poesie che furono molto lodate dal suo insegnante che lo definì ‘caro ed amato’, ma poco tempo dopo fu costretto a fuggire dalla Spagna. Sembra che un giovanotto prepotente avesse insultato una delle sue sorelle e che ci fosse stata una rissa in una strada: il prepotente rimase ferito e poco dopo Cervantes non ebbe altra scelta che fuggire perché era stato condannato a dieci anni di carcere e all’imputazione di una mano. 

Cervantes raggiunse Roma dove diventò segretario di un cardinale, Giulio Acquaviva.

Rimase affascinato dalla città eterna tanto è vero che una parte del suo ultimo, bellissimo libro “Le peripezie di Persile e Sigismonda”, pubblicato postumo nel 1617, si ambienta a Roma.

In Italia Cervantes visse anche qualche anno a Napoli ed intraprese la carriera militare, che era uno dei mestieri che poteva trovare facilmente un giovane povero e di buone maniere quale era lui. Infatti esistevano allora solo eserciti mercenari. 

Cervantes partecipò alla famosa battaglia di Lepanto del 7 ottobre del 1571 in cui gli eserciti cristiani sconfissero l’armata ottomana.

Si sa che quel giorno egli aveva la febbre alta ed era stato dispensato dal combattere dai suoi superiori, si trovava sotto coperta quando molto probabilmente sentendo la battaglia e le urla dei suoi commilitoni decise di andare egualmente a combattere – secondo una testimonianza. 

Quel giorno Cervantes rischiò veramente la vita perché riportò delle ferite tra cui una alla mano sinistra che gli causò una disabilità permanente, da qui il suo soprannome “El manco de Lepanto”. In nessun articolo si mette in evidenza la disabilità di Cervantes.

Per molti mesi venne ricoverato in un ospedale a Messina dove riuscì per fortuna a riprendersi ma la nave su cui si imbarcò per tornare in Spagna venne attaccata da alcuni pirati albanesi che allora infestavano il Mediterraneo ed egli venne condotto prigioniero ad Algeri.

Per ben cinque anni il venticinquenne Cervantes rimase ad Algeri prigioniero perché i suoi familiari non avevano i soldi per poter pagare il riscatto richiesto di 500 monete d’oro, una cifra altissima, dal potente signore a cui era stato venduto come schiavo dai suoi rapitori.

Colui si chiamava Hassam Pascià, in realtà non era arabo ma italiano, un rinnegato (come erano chiamati i cristiani che si convertivano all’Islam) veneto ovverossia un suddito della Serenissima, cioè di Venezia, che era passato al nemico dopo che era stato rapito dagli arabi.

Cervantes tentò di fuggire per ben quattro volte in cinque anni di detenzione e non venne punito per le sue fughe, cosa che ha destato scalpore perché all’epoca gli schiavi fuggiaschi erano puniti tremendamente. 

Si sa che quando Hassam gli ingiunse di fare i nomi dei suoi complici Cervantes si rifiutò e il veneto invece di farlo uccidere o frustare come accadeva in casi simili non gli fece nulla e anzi lo prese ad abitare a casa sua.

Sembrerebbe che Hassam fosse rimasto colpito dal coraggio di Cervantes che si rifiutò di tradire i complici o soggiogato dalla sua personalità, che alcuni descrivono affabile e garbata, o affascinato dal suo aspetto, in un autoritratto egli si descrisse con i capelli castani chiari e lo sguardo allegro (detto per inciso nessun ritratto o disegno di Cervantes è autentico).

Ad Algeri Cervantes nonostante Hassam non fosse stato cattivo con lui sperimentò una delle condizioni umane più dolorose e traumatiche: la perdità della libertà e la schiavitù e sviluppò quella ‘pazienza nelle avversità’ che lo contraddistinse.

Fece amicizia con un altro prigioniero, Domenico Veneziano, un poeta siciliano, a cui dedicò anni dopo la sua commedia ambientata ad Algeri, "El baños de Argel”.

Quando finalmente i parenti, grazie al sostegno di alcuni frati, riuscirono a pagare il riscatto, Cervantes potè tornare in patria.

Un vescovo spagnolo, Juan Blanco de Paz, lo accusò di aver compiuto “cose brutte, viziose e disoneste ad Algeri” il che all’epoca significava un'accusa di omosessualità.

Cervantes trovò dei testimoni che lo difesero e l’accusa cadde nel vuoto. Rosa Rossi, una delle più importanti studiose italiane della Spagna del Siglo de Oro, e lo scrittore e regista Arrabal hanno sostenuto che Cervantes fosse omosessuale.

Altri l’hanno contestato dicendo che non vi sarebbero sufficienti prove storiche (sarebbe comunque difficile avere prove storiche di qualcosa per cui si poteva essere torturati e finire sul rogo), i più omettono del tutto la questione che rimane ancora aperta.

Molto probabilmente la prigionia ad Algeri gli ispirò la vicenda della fanciulla araba che fugge con uno schiavo spagnolo contenuta nel “Don Chisciotte” e l’invenzione che esso fosse un antico scartafaccio redatto da uno storico arabo, Cide Hamete Benengeli.

Nel 1584, a 37 anni, Cervantes sposò Catalina de Salazar y Palacios. Lei aveva 18 anni ed era la figlia di un piccolo proprietario terriero. Una simile differenza di età era usuale a quell’epoca. 

Catalina aveva studiato e sembra che sapesse anche il latino, una cosa rara a quei tempi per una ragazza della sua classe sociale, e che avesse una forte personalità. Dopo soli tre mesi dal loro primo incontro si fidanzarono e poco tempo dopo si sposarono. 

Dopo tre anni si lasciarono senza aver avuto figli.

Tempo dopo Cervantes ebbe una figlia naturale, Isabel, con un’altra donna, Ana Franca Rojas, che era sposata ed aveva una locanda, anche se non resta nessuna traccia di questa relazione.

Isabel rimarrà a vivere con lui e le sue sorelle.

Qualcuno ha avuto dei dubbi che Isabel fosse realmente figlia di Cervantes e non fosse invece una figlia di una delle due sorelle di lui, Andrea o più probabilmente Magdalena, e quindi sua nipote e figlia di qualche ricco mercante.

Le sorelle di Cervantes erano infatti ‘cortigiane oneste’, una cortigiana onesta era una donna bella di aspetto e di buone maniere che poteva avere delle relazioni sentimentali con degli uomini benestanti, anche di autentico amore, ma che non sarebbero mai potute evolvere in un matrimonio in quanto esse erano socialmente considerate appena un gradino più su delle prostitute e non avevano dote.

L’ambiente stesso di Cervantes era un mondo di teatranti, di artisti, di persone che vivevano al di fuori della società comme il faut: attori chitarristi, poeti, ribelli sospetti al potere.

Infine Cervantes divenne frate francescano del Terzo Ordine, quello cioè di cui potevano fare parte i laici.

Purtroppo Cervantes aveva anche un grande nemico come abbiamo accennato, Lope de Vega. Egli era uno scrittore di talento, principalmente un commediografo che nel corso della sua vita scrisse molte opere. Cervantes aveva quindici anni di più di Lope de Vega e il loro rapporto professionale era iniziato sotto i migliori auspici: Cervantes aveva elogiato Lope de Vega e il commediografo aveva ricambiato. Poi, per ragioni che sono sconosciute, il loro rapporto si era deteriorato. Si dice che Lope De Vega fosse stato un corteggiatore senza speranza di Catalina, la moglie di Cervantes, o forse ben conscio del grande talento di Cervantes ne era invidioso, il che sarebbe potuto essere molto probabile.

Lope De Vega era un personaggio molto influente nella società spagnola di quel tempo, uno scrittore di successo e perfino un esponente della Santa Inquisizione che allora dettava legge nei paesi cattolici.

Lope De Vega era un opposto di Cervantes quasi in senso junghiano, uno un personaggio ombra (Lope) e l’altro luce (Cervantes): Lope era celebre e ricco, Cervantes misconosciuto e povero, Lope fortunato, Cervantes sfortunato in tutte le sue avventure, Lope in buona salute, Cervantes disabile, Lope un eterosessuale con una vita privata a dir poco sfrenata, Cervantes un reduce da un breve matrimonio su cui gravava il sospetto di omosessualità.

Cervantes amava molto il teatro, ci sono rimaste otto commedie e otto intermezzi scritti da lui (gli intermezzi erano alcune scene teatrali da rappresentare nelle piazze). Essi non furono mai rappresentati finché Cervantes fu in vita e molto probabilmente dietro a questi rifiuti ci fu il potente Lope.

Un giorno Cervantes ricevette una lettera anonima, l’aprì e come raccontò egli stesso ebbe un tuffo al cuore: la lettera conteneva un infimo sonetto volgare che altro non era che una invettiva contro di lui e che in sintesi lo accusava di essere tradito dalla moglie e di impotenza.

I biografi cervantini sono concordi nell’attribuire questo sonetto anonimo a Lope de Vega.

Questo spregevole attacco alla sua vita privata era un’ennesima sventura infatti Cervantes da quando era tornato in Spagna da Algeri aveva conosciuto la povertà, lavori disparati, addirittura il carcere a causa dei debiti.

Trentenne aveva pubblicato un libro “La Galatea” e poi più nulla per vent’anni fino al primo volume del “Don Chisciotte” a 58 anni. Tutte le altre opere furono pubblicate nell’ultimo anno della sua vita o postume.

Alla fine della sua vita fu addirittura sospettato del delitto di un uomo che era stato assassinato sotto casa sua, fu trattenuto un paio di giorni in carcere finché non venne trovato il vero colpevole.

"Le novelle esemplari” sono un altro capolavoro composto di dodici novelle e in esse si ritrovano alcuni temi del “Don Chisciotte”: uno è quello della follia nel racconto geniale del dottore che crede di essere fatto di vetro e che non vuole che nessuno lo tocchi. 

Era la descrizione di una grave fobia tre secoli prima dell’avvento della psicologia. 

Il tema della follia si trova anche nella novella fiorentina contenuta nel primo volume del “Don Chisciotte”. In essa un marito felice, un ricchissimo mercante, che ha tutte le fortune e una moglie bella e fedele si mette in testa di verificare se ella gli sarebbe fedele in ogni circostanza. Addirittura convince un suo fedelissimo e leale amico ad andare ad abitare con lei con grande imbarazzo di entrambi, fa di tutto per lasciarli soli e per far nascere un sentimento amoroso tra di loro tanto che alla fine la moglie e il suo fedele amico fuggiranno insieme.

Questa storia, ambientata nella raffinata Firenze rinascimentale, è in realtà la descrizione di una ossessione patologica.

Il tema della follia riguarda infine non solo Don Chisciotte ma anche il giovane Cardenio, perdutamente innamorato di una fanciulla, e della pazzia di Cardenio Cervantes descrive i sintomi con la precisione di un patologo.

Nel racconto “Riconete e Cortadillo” Cervantes descrive invece la vivacissima malavita di Siviglia, utilizzando anche espressioni gergali, quasi una anticipazione delle tematiche di Pier Paolo Pasolini che, detto per inciso, avrebbe voluto realizzare un film dal “Don Chisciotte”.

Nel racconto “Il dialogo dei due cani” Cervantes veramente superò se stesso perché è di una bellezza e poesia senza pari. 

L’ultimo invece, quello che parla delle vicende sentimentali di una ragazza, secondo biografi e critici letterari potrebbe non essere di Cervantes. Io condivido pienamente questo punto di vista infatti il racconto ha un registro scabroso che non è nelle corde del grande scrittore spagnolo.

Cervantes quando parla dell’amore ha sempre un tono delicato e lirico, in alcuni tratti shakesperiano, velato a volte di melanconia, anche quando descrive situazioni audaci, come nell’intermezzo teatrale sul gelosissimo attempato marito, ha una grazia leggera.

Nel 1615 un certo Avellaneda, nome fittizio di qualcuno rimasto sempre sconosciuto ma di cui si potrebbe sospettare il nemico Lope, aveva pubblicato una falsa seconda parte del “Don Chisciotte” che terminava con il cavaliere errante rinchiuso in un manicomio.

Per lo scrittore fu un colpo durissimo, infatti egli si veniva a trovare derubato dei suoi personaggi e della sua opera: la cosa peggiore che possa accadere ad un autore.

Nel secondo volume del “Don Chisciotte”, pubblicato pochi mesi prima della sua morte nel 1616, Cervantes rispose al vile Avellaneda con maestria ed ironia.

Nel secondo volume di “Don Chisciotte” di Cervantes innanzitutto parlava del fatto che era stata stampata una copia apocrifa del secondo volume scritta da Avellaneda facendo discorrere di ciò…proprio Don Chisciotte e il suo fedele scudiero Sancho Panza cioè i personaggi di un libro parlavano di un evento della vita reale che li riguardava e di loro stessi ma Cervantes non si fermava qui, in un’altro capitolo faceva anche entrare Don Chisciotte in una stamperia dove si trovava proprio quel volume mendace e alla fine dava l’ultima stoccata ad Avellaneda e faceva incontrare a Don Chisciotte un personaggio del volume di Avellaneda ‘rubando’ così un personaggio a colui che gli aveva rubato Don Chisciotte e Sancho Panza !

Finzione, gioco di specchi, realtà e fantasia mescolati straordinariamente insieme.

Nella primavera del 1616 a 68 anni (ne avrebbe compiuti 69 a settembre) Cervantes, pochi giorni prima di morire, indovinò quale sarebbe stato il giorno della sua morte dai battiti del suo cuore: disse alle sorelle che sarebbe vissuto fino alla domenica e in quel giorno invitò i suoi amici poeti e musicanti ed effettivamente morì.

Nel 2014 sono state ritrovate le sue spoglie in un convento di frati in una tomba senza nome, né data, portate lì tempo dopo il suo decesso. Perché questa sepoltura anonima ? Il re Filippo IV non voleva che fosse scritta una biografia di Cervantes. Un altro mistero.

Cervantes si era comportato coraggiosamente nella battaglia di Lepanto e il “Don Chisciotte” si leggeva e si commentava ridendo nei crocicchi delle strade di Madrid e in Europa dando lustro alla Spagna.

Egli morì lo stesso giorno di William Shakespeare il 16 aprile 1616, un giorno nero per la letteratura mondiale o almeno questo si dice anche se ci sono dei dubbi. Qualcuno ha anche avanzato l’ipotesi che Miguel Cervantes e William Shakespeare (che era un nome d’arte) fossero stati in realtà la stessa persona.

Si è anche pensato che essi avrebbero potuto incontrarsi durante il viaggio di un gentiluomo inglese in Spagna a cui potrebbe aver partecipato anche Shakespeare. Ma queste sono solo ipotesi senza alcun riscontro storico effettivo. Come abbiamo visto il fatto che Shakespeare si fosse ispirato alla storia cervantina di Cardenio farebbe pensare che avesse letto il primo volume del libro.

Lo scrittore argentino Jorge Borges ha immaginato in un suo racconto l’incontro tra Cervantes e Shakespeare.

Molte cose della vita di Cervantes ci sono sconosciute ma la cosa più incredibile è egli pur avendo vissuto tante disavventure sia riuscito a mantenere intatta la sua travolgente vocazione poetica.


Bibliografia

Miguel de Cervantes Saavedra Don Chisciotte della Mancia, Roma, Einaudi

Novelle esemplari, Roma, Einaudi

Tutte le opere (in spagnolo) 

Arrabal F., Uno schiavo chiamato Cervantes

McCrory, D.P., No Ordinary Man. Life and Times of Miguel Cervantes

Rossi R., Sulle tracce di Cervantes

Nota

Circola nel web una bella poesia il cui incipit è “A tutti gli illusi, a quelli che parlano al vento…” attribuita a Cervantes ma non è stata scritta da lui ma da Corrado D’Elia, attore e drammaturgo contemporaneo.

Pubblicato il 10 dicembre 2024