Il coraggio, una virtù perduta?

Di coraggio se ne parla molto ma è sempre quello degli altri. Di coraggio invece bisognerebbe parlare di più e in modo diverso. Coraggio come capacità di scegliere, decidere e volere, come vivere senza paura, saper (ri)cominciare, accettare l’enigma di ciò che ci fa agire come agiamo anche se non ci sono tornaconti o ricompense alcune. Un coraggio etico, persistente nel tempo, finalizzato a orizzonti aperti, non necessariamente legato all’atto eroico sacrificale ma che si pratica come atto costitutivo della propria identità e che ci rende insostituibili.

Questo piccolo mondo antropocentrico

Se vogliamo essere pronti alle grandi sfide che attendono l’umanità nei prossimi anni, la cultura del protagonismo deve cedere il passo a una visione più ecosistemica, nel business come nella politica e nella sfera individuale. In fin dei conti ha poco senso possedere un ego spropositato quando su scala planetaria il genere umano ha una presenza pressoché irrilevante!

Il tempo tecnologico è​ viscoso e agitato!

Il tempo tecnologico è lineare, binario, accelerato, compresso, pulsante. Il tempo tecnologico fa da attrito per tutti gli elementi con cui è in relazione, si contrae come un buco nero, non lasciando dietro di sé alcuno spazio, ma un semplice campo gravitazionale. Così intenso da non lasciare sfuggire nulla, neppure le tante azioni che caratterizzano socialmente i mondi abitati dalle moltitudini della Rete.

Un certo tipo di letteratura

Ognuno può essere, produttore e consumatore. Non solo di beni e di merci. Ma di conoscenza. Ognuno può essere docente e discente, autore e lettore. Ognuno, ora, può essere autore del suo testo. La tecnologia oggi accessibile può essere veramente intesa come poiesis –modo di produrre, creare. Anziché legittimare il ruolo di chi pone vincoli, libera dal vincolo. Il testo vive senza bisogno di una organizzazione previa. All’origine sta un disordinato, ridondante e rumoroso affastellamento di conoscenze. Pensiamo a quella gran ‘base dati’ che è il Web. A partire da questa ‘base dati’ la persona, ogni persona, autore-lettore, potrà di volta in volta costruire nuovi e ricchi e sempre diversi percorsi di senso. Aggiungendo, interpolando, modificando materiali preesistenti, così come già faceva, con tecnologie ben più povere, il giullare, l’‘anonimo cantore’.

Balocchi e profumi

Chi ha passato i 50 anni forse ricorderà ancora di non aver potuto scansare una canzone che giungeva periodicamente ad ammorbare l’umore. “Profumi e balocchi”, scritta tra le due guerre e riciclata nel tempo da vari artisti, parla di infanzia abbandonata, di bambini lasciati soli, privati di attenzione e balocchi e destinati di conseguenza a fatale deperimento, consunzione e morte. Aldilà delle venature morali e sessiste del testo, comunica un fastidio ancora attuale: in un tempo in cui i non luoghi dei centri commerciali sono le piazze di non incontro della vita quotidiana, la luce delle vetrine eclissa i bisogni di fondo dei bambini. Che sono di tutti. Oggi la morte è inaridimento relazionale, rischio concreto per adulti e bambini, prima e dopo il Covid.

Pensieri sotto l'albero

Alcune riflessioni in forma di pensieri sparsi, organizzati ed espressi in modo semplice e conciso con l'obiettivo di farsi leggere e far pensare. Un piccolo regalo a chi sotto l'albero è ancora disposto a usare criticamente il proprio pensiero, a praticare l'arte del dubbio e delle domande, per provare a cercare le tante risposte di cui oggi sentiamo tutti, esistenzialmente, il bisognno.

Di chi sono le storie

Narrazioni come organizzazione di senso e knowledge management. Le narrazioni non sono narrazioni create ad hoc da pretesi esperti, ma narrazioni spontanee di persone reali che fanno parte di un contesto sociale, di una comunità o di una organizzazione. Lo sguardo dell'osservatore professionista non è privo di importanza ma non è che un sguardo in una pluralità di sguardi.

Carezzare le parole che cambiano, noi con loro

Chi è capace di entrare in connessione empatica con gli altri, è abituato all’ascolto, e a guardare negli occhi il suo interlocutore o la sua interlocutrice, sa che con le parole è possibile ferire un corpo così come accarezzarlo dal di dentro, armonizzando mente e cuore, emozioni e pensieri. - Un capitolo intero da me scritto, tratto dal libro OLTREPASSARE - Intrecci di parole tra etica e tecnologia, scritto insieme a Nausica Manzi e pubblicato nel 2022.

(Tecno)utopie, cacotopie e distopie

Dentro il fallimento della politica nell’era della postmodernità, l’utopia può essere il modo per ripartire da nuove ideologie (peraltro mai morte) per dare loro una carica immaginativa prospettica che serva sia per captare l’emergente, sia per orientare e dare forma all’avvenire. Un avvenire che appare oggi a molti come portatore di utopie negative alla Brave New World (Huxley), di distopie, molte in forma di tecno-distopie come quelle descritte da Dave Eggers in Il Cerchio e soprattutto nel suo ultimo romanzo The Every.

Tra intelligenza artificiale e conoscenza umana

Se “intelligenza” è la capacità mentale di comprendere, ragionare, risolvere problemi e adattarsi a nuove situazioni, spesso associata alla rapidità e flessibilità del pensiero, e “sapienza” è una qualità che denota conoscenza profonda e capacità di giudizio maturata nel tempo, non riferita solo al sapere teorico ma anche alla capacità di applicarlo in modo etico e pratico, potremmo dire che c’è di mezzo il domandare.

DevOps e la rivoluzione del “saper fare”: filosofia, tecnologia e pragmatismo

Immaginate di essere al volante di un’auto d’epoca, impeccabile e affascinante. Ogni dettaglio è curato, il motore gira come un orologio svizzero, ma ora vi trovate su una superstrada moderna, circondati da auto elettriche che sfrecciano veloci e silenziose. Questa immagine illustra perfettamente il rapporto tra i modelli tradizionali di gestione IT, come ITIL o SDLC, e le necessità del mondo attuale, dominato da velocità, agilità e imprevedibilità.

Tra temporali e tecnoconsapevolezza

A differenza della ChatGPT che ha accesso a miliardi di dati raccolti, organizzati e preparati dai suoi sacerdoti per aiutarla nella sua attività, i dati e le informazioni a nostra disposizione richiedono da parte nostra uno sforzo, la fatica di andarle a cercare, di leggerle e valutarle, di formulare un pensiero critico utile alla loro comprensione. Tante attività non facili, considerando quanto le informazioni che ci servono siano sommerse dentro narrazioni tendenzialmente manipolatorie, portatrici di disinformazione o semplicemente cattiva informazione.

Dipthycha

Progetto di dittici e trittici poetici

In viaggio sulla STULTIFERANAVIS alla ricerca di autenticità

Il mondo è diventato un grande parco a tema, una Dysneyland globale che ha artificializzato il pianeta, ma la voglia di autenticità non ha perso di valore. Lo sanno bene gli operatori turistici che su di essa da tempo hanno incentrato il loro marketing e le loro strategie promuovendo vacanze verdi, atipiche, sostenibili, solidali ed eco-compatibili, verso mete rurali, vergini, incontaminate, come deserti o terre polari. Al turista di massa, superficiale, che si accontenta dell’apparenza del vero, facile da abbindolare e falso viaggiatore, si contrappone il viaggiatore autentico, quello “vero” che, per definizione, detesta il turismo degli altri. Il viaggiatore “vero” vuole distinguersi, far valere la differenza soggettiva, sentirsi anticonformista e libero di scegliere, costruire una identità personale e singolare, riconoscibile dagli altri.

L'impero della lingua, o la lingua dell'impero

Vita e opere di Elio Antonio de Nebrija, converso, cioè discendente di ebrei convertiti, nato nel 1444 (o nel 1441) nella antica Nebrissa Veneria, chiamata oggi Lebrija, in provincia di Sevilla, ossessionato dall'idea dell'assenza, nella penisola iberica, di una lengua. La sua carriera si snoda tra aule universitarie e sedi vescovili, dedica enormi energie a codificare la grammatica latina, a definirne la pronuncia, a riportare alla luce la retorica classica, a ripristinare i testi sacri. scrive anche di pedagogia, di unità di lunghezza, di capacità e dei relativi strumenti di misura, di numeri, di astronomia e cosmografia, di calendari e misura del tempo.

Internet non è quello che sembra

Come infrastruttura, ormai privatizzata e occupata da piattaforme che hanno costruito in Rete veri e propri mondi chiusi, Internet è aperta ma non è più libera. Dipende ed è controllata da pochi Internet provider e da poche aziende tecnologiche, principalmente Google, Facebook, Apple, Amazon, Microsoft e Netflix, che hanno trasformato Internet in un cartello, una mega-caverna platonica, in un grande centro commerciale (Saramago) nel quale gli utenti sono semplici consumatori e merci al tempo stesso. Gli spazi , gli arredi, i corridoi, di questi centri commerciali vengono usati per costruire narrazioni omologate e coformistiche, ma anche a diffondere messaggi reazionari e bigotti, fascisti e complottisti, false verità e informazioni sempre più fuori controllo.

L’ambiguità delle tecniche: il mito di Prometeo

Il mito di Prometeo è forse, tra i tanti miti presenti nella cultura greca che parlano ancora di noi, il più potente e il più celebre. Continuamente riesaminato e reinterpretato nel corso della storia (da Hobbes, Rousseau, Vico, Goethe, Schelling, Marx, Weil, Jonas…), mantiene un fondo oscuro e enigmatico. Rappresenta, meglio di qualsiasi altro mito, i caratteri della civiltà occidentale ed è l’aspetto principale con cui, oggi, l’esistenza umana si deve misurare. Il problema del nostro tempo risiede infatti nella straordinaria capacità di conoscenza e di potere tecnologico a cui non corrisponde, però, una altrettanto grande capacità di percepire, immaginare, sentire. Già mezzo secolo fa il filosofo Günther Anders definiva tale condizione “dislivello prometeico”. Un dislivello che può portare l’umanità a scelte catastrofiche.

Semplici numeri, consumatori, merci

Ho letto da qualche parte che in Svizzera, per allineare le mucche e per tranquillizzarle prima della mungitura, venisse loro suonata della musica popolare (oggi negli allevamenti intensivi la pratica è stata abbandonata, sono cambiati i tempi, non serve più). La pratica continua ad avere un suo senso e ad essere esercitata, in ambiti diversi, umani. Considerando quanto siano oggi allineate moltitudini di esseri umani, viene da chiedersi quale sia la musica che viene usata per rilassarli, tranquillizzarli, impedire loro di pensare, per prepararli a essere munti. E non solo nelle giornate calde dei numerosi Black Friday che non ci abbandonano mai.